Calcare di gesso di Montallegro, il racconto di un operaio

La storia delle calcare di “issu” (gesso) di Montallegro

Oggi grazie a una testimonianza  di un operaio, Salvatore Piazza, nato a Montallegro, il 4 Gennaio 1926, che ha lavorato per 20 anni in alcune calcare  di issu (gesso) a  Montallegro,  sono in grado di risalire ai nomi dei vecchi proprietari,  come veniva gestito il lavoro all’interno delle calcare, come venivano  estratti i massi dalla montagna, come veniva trasportato e prodotto “lu issu” (il gesso.)

Salvatore Piazza racconta:

Montallegro dal 1940 al 1962 era famosa per la produzione di Issu (gesso),  otto erano le calcare di gesso presenti sul territorio di Montallegro e tutte erano gestite da persone del luogo . Ancora oggi alcune strutture dopo 75 anni sono intatte, purtroppo viste le condizioni attuali del territorio circostante, oggi si può solo immaginare guardando da lontano, con l’aiuto di una guida come erano organizzate le strutture, come funzionavano l’estrazione e la produzione del gesso. Possiamo ammirare da lontano,  una sotto Il Monte Suso, visibile dalla fine delle via Roma,  il proprietario era Michele Piazza;  dalla contrada Garacciolo sotto la montagna  Lupo  si possono ammirare tre Calcare,  una in buonissime condizioni e due di queste ormai distrutte dal tempo, i proprietari erano: Peppi  Ingraudo, Caliddru  Frenna e Caliddru Porrelli, ci spostiamo sopra il cantiere edile Palumbo in via Trieste, sempre a fianco la montagna lupo, da li ormai distrutta dal tempo, c’era la calcara di Innaru Palumbo , nella parte oggi  visibile avveniva l’estrazione dei massi. Nelle vicinanze del campo sportivo ne sorgevano due,  ancora oggi in buone condizioni, i proprietari erano due fratelli Peppino Quadrone e Caliddru Quadrone , appena fuori dal paese,  andando verso cattolica, sulla sinistra c’era la calcara di Matté Camillo, anche questa ormai distrutta dal tempo, visibile solo nella parte dove venivano estratti i massi, il fratello di Mattè, Filippo Camillo, era proprietario anche di un’altra calcara in contrada Carlici anche questa distrutta dal tempo.

Il lavoro che si faceva dentro le calcare era pesante e pericoloso, sei erano le fasi di lavorazione  per ottenere lu issu (gesso):

I° Fase

Era la più pericolosa, si maneggiava l’esplosivo per l’estrazione dei massi, questa operazione veniva fatta da un operaio,  che aveva tanti anni di esperienza, le cariche d’esplosivo venivano regolate a secondo della roccia da estrarre.

2° Fase

I massi dalla zona d’estrazione venivano trasportati all’interno della calcara manualmente con le carriole.

3° Fase

All’interno della calcara c’era un operaio specializzato,  che aveva il compito ti formare con i massi un cono alto  4 – 5  metri quando la fornace della struttura, quando si arrivava a chiudere la punta del cono si riempivano gli spazi laterali fino alla punta con il materiale sbriciolato dall’esplosione. All’interno del cono formato con le pietre era vuoto,  questo vuoto serviva per il processo di combustione, che veniva fatto con paglia e legna… Tale processo  durava 12 ore, dopo di ciò si attendeva  che i massi stemperassero per poterli maneggiare. Per costruire il cono di pietra ci volevano almeno 3 -4 giorni.

4° Fase

Si passava alla rottura dei massi, gli operai a colpi di mazza formavano pezzi di piccola taglia da 1 a 2 kg  per favorire ulteriormente lo sbriciolamento.

5° fase

Da li si passava allo sbriciolamento della pietra cotta, attraverso un macchinario detto ” frantoio, che formava la materia prima, “ Lu Issu ” ( il gesso).

6° Fase

Per ultimo, si insaccava lu issu (il gesso) in sacchi di pezza di 40 kg e il prodotto veniva venduto sul posto.

I mezzi usati dai commercianti per il trasporto durante gli anni  40- 50 erano i carretti trainati dai muli o dai buoi, successivamente negli anni successivi furono usati  i camion.

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